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Autore Alla scoperta di Kurosawa
willoz

Reg.: 08 Mar 2004
Messaggi: 3701
Da: trento (TN)
Inviato: 17-11-2004 20:51  
quote:
In data 2004-04-07 20:01, MrOrange scrive:
... ed infine Dersu Uzala, un film molto bello e ne consiglio la visione.




anchio gran film!
la prima volta me lo fecero vedere alle medie...
c'era ancora qualche insegnante che amava il cinema all'epoca...



_________________

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BigUnit

Reg.: 17 Nov 2004
Messaggi: 51
Da: Parma (PR)
Inviato: 18-11-2004 10:46  
Io ho visto TRONO DI SANGUE e I 7 SAMURAI...RASHOMON lo sto aspettando proprio in questi giorni ed ancora non l'ho visto.
Cmq ciò che ho potuto vedere mi è piaciuto molto....forse perchè io sono un pò appassionato della cultura giapponese in generale....cmq la teatralità che citavate voi è sicuramente una delle cose che mi hanno fatto più piacere..così come mi è piaciuto vedere un film con dei ritmi lenti calmi...non so forse è una mia impressione, ma oggi nel cinema ogni scena, ogni cosa è veloce deve portare a qualcos'altro...
Invece mi piace talmene tantov edere inquadrature dei volti dei protagonisti fini a se stesse, messe li esclusivamente per trasmetterci le emozioni del protagonista, e non importa quanto durano.
Anche Kitano utilizza questa cosa...con lunghe inquadrature sul viso del soggetto, o sul soggetto che cammina....anche se magari la scena seguente mostra tutt'altro.
Insomma l'assenza di "fretta" nello svolgersi del film.
Ivito chi non l'avesse fatto a vedere di Kitano SONATINE, HANA BI e BOILING POINT

Guarderò quanto prima RASHOMON e vi sapro dire..
bye

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ines49

Reg.: 15 Mag 2004
Messaggi: 376
Da: PADOVA (PD)
Inviato: 18-11-2004 23:29  

rashomon l'ho trovato piagnucoloso per il fatto che certe sequenze come quella in cui lei piange e dice "non guardarmi" piagnucolosamente, mi hanno davvero irritato. comunque niente di che...

[/quote]

NOn ci posso credere!!!!!

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ines49

Reg.: 15 Mag 2004
Messaggi: 376
Da: PADOVA (PD)
Inviato: 19-11-2004 00:15  
quote:
In data 2004-04-06 16:53, denisuccia scrive:
Non sò bene se sia il caso di aprire in Tuttocinema questo topic o su Registi... intanto lo apro, al massimo si sposterà.

Prima di tutto vi dico che non ho molto tempo quindi inizierò il discorso e lo continuerò domani, a casa, con più tempo (gratuito!) da passare al pc e con più tranquillità.

Ieri ho visto per la prima volta due film di Kurosawa.
Rashomon (1951) e I 7 samurai (1954).
Mi sono piaciuti molto e mi sono resa conto successivamente che, confrontandoli con altri film dei tempi, questi erano diversi.
Due i particolari che mi hanno convinta di questo, il primo è la molteplicità di materiale messo a disposizione per il montaggio.
Questo riferito soprattutto a Rashomon (con il circonflesso sulla o, ma non sò come si fa). Questo film, per chi non conoscesse la trama, mette a confronto le diverse testimonianze di più personaggi che hanno avuto a che fare con un omicidio (tra l'altro bellissima l'idea di far raccontare il punto di vista del morto stesso tramite una maga!), testimonianze diverse tra loro che tendono a creare alibi per chi le racconta. Bene. Ognuno di questi racconti ha un suo punto di vista e per ogni punto di vista inquadrature diverse delle stesse scene. Questo mi ha fatto pensare al grande lavoro che è stato il montaggio e al fatto che più telecamere abbiano ripreso una sola scena. Al giorno d'oggi forse è semplice e banale, questo, ma forse negli anni '50, nel Giappone degli anni '50, non era tanto semplice creare qualcosa del genere.
Bello Rashomon, ve lo consiglio davvero, bella la storia e montata benissimo.
La seconda osservazione (principale) che mi ha colpito è la teatralità di molte scene.
Questo a volte mi ha divertita ma devo ammettere che alcune scene de I sette samurai sono molto molto "piene"...
La trama dei 7 samurai è molto semplice.
Un paesino di contadini cerca aiuto in alcuni samurai per difendersi dalle briganterie di un gruppo di banditi che rubano il loro poco cibo.
Si radunano quindi 7 samurai che verranno pagati semplicemente con poco cibo al giorno.
Molto "spettacolare", questo film, allo stesso tempo divertente e, come ho detto, teatrale. Durante un duello con le spade è molto bello vedere le espressioni dei contadini al di dietro che riempiono lo sfondo come nessun effetto speciale potrebbe mai riuscire a fare.


Una piccola curiosità... Tarantino deve aver conosciuto Kurosawa ben prima di me perchè una frase è ripetuta nel suo film quando muore Lucy Liu (scusami se ti ho schernito) proprio mentre muore uno dei cattivi!


Ho fatto anche altre osservazioni (una, tra l'altro, molto ridicola e divertente) ma ve ne parlerò domani.

Chi di voi conosce Kurosawa?
Chi ha visto questi bellissimi film?





Premetto che io sono una grandissima fan di Kurosawa. Ricordo ancora l'impressione che mi fece "I 7 samurai"in e da quella volta poi ho visto diversi film di questo straordinario regista (almeno tutti quelli che trasmetteva la tv).
Oltre a I 7 samurai e a Rashomon, ho visto: Il trono di sangue, Dersu Uzala il piccolo uomo delle grandi pianure, Kagemusha l'ombra del guerriero - Ran - Rapsodia in agosto.
Di questi film , l'utimo che ho citato è quello che mi ha profondamente commossa anche se io preferisco
principalmente quelli che parlano del Giappone antico.

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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 08-12-2004 13:39  
I sette samurai.
E' monco chi ha visto la versione da 140.
Ho recuperato in dvd quella da 200.
Luce dei miei occhi.
Kurosawa trasmette una teatralità contaminata dal cinema, un cinema nel teatro, dominando lo spazio esterno, subendo intelligentemente quello interno, alla ricerca della ridondanza dei corpi, della strettezza e scomodità degli spazi poveri che racconta.
Il corpo umano asseconda lo spazio e l'iquadratura, ponendosi in maniera concretamente studiata anche rispetto allo spazio che lo circonda.
Quest'"esigenza d'interno", caratterizza anche gli spazi esterni, che vengono dominati con visioni panoramiche, ma che si stringono avviluppandosi quando l'occhio scende nel particolare. Si confrontino le immagini dei due innamorati nella foresta. E l'esterno viene plagiato, ingannato, dando armamenti ai contadini che disegnano lo spazio, lo dominano nelle inquadrature basse della carica di cavalleria, ma anche negli artifici di difesa.
Non ci sono palizzate o fossati artificiali. Il tutto rispetta l'"esternità" del girato, diventando le prime un intrico di arbusti, i secondi i prolungamenti di un lago. E tra i due Kurosawa preferisce girare dietro le palizzate intricate, così funzionali a disegnare e delimitare lo spazio.
E' questa idea di teatro che incardina la mdp, o più che altro un cinema che scardini, ancora non in maniera completa, la pedana del teatro che conduce per mano Kurosawa nella sua opera più famosa.
Ed anche nei contenuti ci si ritrova. Situazione iniziale-elemento di discontinuità-catarsi(non senza dazio), il classico andamento oscillante di un canovaccio del teatro popolare, si ritrova perfettamente nei sette samurai.
Ma Kurosawa contribuisce a rendere il respiro di un così semplice schema, qualcosa di grandioso e infinitamente poetico, attraverso, appunto, l'occhio meccanico con il quale cattura la vicenda.
Ed anche i personaggi subiscono questa contaminazione metateatrale. Dai semplici atteggiamenti del volto, dalle forme dei costumi, che avvicinano molti agli stereotipi delle maschere del teatro, all'introspezione dei personaggi, così profondamentre articolata e sottilmente comunicata.
E l'unione tra un popolo massificato, un villaggio rappresentato con comparse più o meno significative, e i samurai, veri attori, vere figure pulsanti della rappresentazione, avviene proprio con due corifei: il contadino coraggioso/avventato, ed il samurai d'origine contadina.
E l'unione tra la classe agiata, ma anche avvolta da un rispettoso, quasi adorante, misticismo, come quella dei samurai ed il popolio rurale di un villaggio qualunque, avverrà attraverso un sacrificio così denso di phatos e di drammatica tristezza, ma così pervaso, d'altra parte, d'un sorriso sereno
_________________
"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

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djprepo

Reg.: 19 Nov 2004
Messaggi: 12
Da: Trieste (TS)
Inviato: 10-12-2004 16:53  
quote:
In data 2004-04-06 16:53, denisuccia scrive:
Non sò bene se sia il caso di aprire in Tuttocinema questo topic o su Registi... intanto lo apro, al massimo si sposterà.

Prima di tutto vi dico che non ho molto tempo quindi inizierò il discorso e lo continuerò domani, a casa, con più tempo (gratuito!) da passare al pc e con più tranquillità.

Ieri ho visto per la prima volta due film di Kurosawa.
Rashomon (1951) e I 7 samurai (1954).
Mi sono piaciuti molto e mi sono resa conto successivamente che, confrontandoli con altri film dei tempi, questi erano diversi.
Due i particolari che mi hanno convinta di questo, il primo è la molteplicità di materiale messo a disposizione per il montaggio.
Questo riferito soprattutto a Rashomon (con il circonflesso sulla o, ma non sò come si fa). Questo film, per chi non conoscesse la trama, mette a confronto le diverse testimonianze di più personaggi che hanno avuto a che fare con un omicidio (tra l'altro bellissima l'idea di far raccontare il punto di vista del morto stesso tramite una maga!), testimonianze diverse tra loro che tendono a creare alibi per chi le racconta. Bene. Ognuno di questi racconti ha un suo punto di vista e per ogni punto di vista inquadrature diverse delle stesse scene. Questo mi ha fatto pensare al grande lavoro che è stato il montaggio e al fatto che più telecamere abbiano ripreso una sola scena. Al giorno d'oggi forse è semplice e banale, questo, ma forse negli anni '50, nel Giappone degli anni '50, non era tanto semplice creare qualcosa del genere.
Bello Rashomon, ve lo consiglio davvero, bella la storia e montata benissimo.
La seconda osservazione (principale) che mi ha colpito è la teatralità di molte scene.
Questo a volte mi ha divertita ma devo ammettere che alcune scene de I sette samurai sono molto molto "piene"...
La trama dei 7 samurai è molto semplice.
Un paesino di contadini cerca aiuto in alcuni samurai per difendersi dalle briganterie di un gruppo di banditi che rubano il loro poco cibo.
Si radunano quindi 7 samurai che verranno pagati semplicemente con poco cibo al giorno.
Molto "spettacolare", questo film, allo stesso tempo divertente e, come ho detto, teatrale. Durante un duello con le spade è molto bello vedere le espressioni dei contadini al di dietro che riempiono lo sfondo come nessun effetto speciale potrebbe mai riuscire a fare.


Una piccola curiosità... Tarantino deve aver conosciuto Kurosawa ben prima di me perchè una frase è ripetuta nel suo film quando muore Lucy Liu (scusami se ti ho schernito) proprio mentre muore uno dei cattivi!


Ho fatto anche altre osservazioni (una, tra l'altro, molto ridicola e divertente) ma ve ne parlerò domani.

Chi di voi conosce Kurosawa?
Chi ha visto questi bellissimi film?






Ho avuto la fortuna di gurdare Kurosawa già alle scuole medie (penso in terza media), quando nelle ore di cineforum ci è stato proposto Dersu Uzala. Devo dir la verità che averlo rivisto qualche hanno più tardi ha giovato non poco, e mi ha permesso di valutarlo in maniera differente rispetto all'azzardato parere di quando avevo 12 anni e lo pensavo un film piuttosto noioso invidiando chi invece nelle ore di cineforum guardava Jurassic Park!!!

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kornnet

Reg.: 27 Nov 2004
Messaggi: 156
Da: Salerno (SA)
Inviato: 29-03-2005 17:14  
scusate per aver aperto un'altro topic
mi era sfuggito questo, nonostante avessi cercato per bene

cmq in effetti mi sono spiegato male su "I sette samurai" non intendevo dire che la regia non fosse buona, anzi, è ottima ma si distacca sopratutto per l'epoca in cui è stato realizzato il film.
_________________
"Ridi, ed il mondo riderà con te. Piangi, e piangerai da solo" - Old Boy
"Lo so che sei un bravo ragazzo. Ma tu lo sai perchè io devo ucciderti? Lo capisci? Huh? Lo sai?" - Sympathy for Mr.Vengeance

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DottorDio

Reg.: 12 Lug 2004
Messaggi: 7645
Da: Abbadia S.S. (SI)
Inviato: 28-07-2005 00:59  
quote:
In data 2004-12-08 13:39, Petrus scrive:
[...]


Ti quoto in tutto, davvero ottimo e ne consiglio caldamente la visione in lingua originale (avevo cominciato a guardarlo in italiano, mi sono bastati due dialoghi per capire che doppiaggio del cavolo avevano fatto, anche gli effetti sonori sono diversi!!!).
Cmq è un film che ho apprezzato motlo, ma penso che passerà molto tempo prima di rivederlo (come Fanny & Alexander, altro film bellissimo ma interminabile!)
_________________
Geppetto è stato l'unico uomo ad aver fatto un figlio con una sega

Attention: Dieu est dans cette boite comme ailleurs et partout!

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RICHMOND

Reg.: 03 Mag 2003
Messaggi: 13088
Da: genova (GE)
Inviato: 27-08-2007 18:59  
RASHOMON (1950), di A. Kurosawa – fuga dall’orizzontalità attraverso l’ossessiva ricerca della profondità




E’ quasi un orgasmo assistere al pessimismo di Kurosawa, così magnificamente rappresentato nella sua interpretazione filmica: Rashomon (1950) è la sua opera di solenne sguardo accusatorio, perentorio e grave richiamo morale nei confronti del genere umano.

Si tratta di tante storie in una storia, le quali però non riescono a trovare un punto di unione, ma si sviluppano autonomamente secondo una propria indipendenza narrativa. E si tratta di tante verità. Spetta a noi cercare di capire in quale di esse riporre la nostra fiducia. E allora ci accorgeremo che, nell’evolversi della trama – la testimonianza oculare di un processo per l’omicidio di un Samurai, raccontata da un boscaiolo ed un bonzo ad un servo, tutti tre rifugiatisi dalla pioggia sotto il tetto di un antico tempio sacro ed occasionalmente conosciutisi in tale luogo, la quale si sviluppa parallelamente ai tre interrogatori nei confronti di altrettanti testimoni (e presunti colpevoli) dell’omicidio (un bandito, la moglie del Samurai e lo spirito del Samurai stesso, rievocato da una sensitiva per l’occasione) sempre dettagliatamente riportati dal boscaiolo e dal bonzo – non si riesce a venire a capo della tanto ricercata verità, facendo l’atroce scoperta, insieme ai protagonisti dell’opera, della poca credibilità delle persone. Ognuno dei tre interrogati offre una testimonianza diversa e discordante dalle altre: il bandito sostiene di aver affrontato lealmente in duello il Samurai e di averlo così ucciso, per conquistarne la moglie; quest’ultima, invece, anch’ella interrogata, afferma di aver ucciso lei stessa il marito; lo spirito del Samurai, infine, racconta di essersi ucciso per la vergogna causata dai comportamenti della moglie, tentata dal rude fascino del bandito.
Solamente il racconto del boscaiolo – rivelatosi solo in finale d’opera testimone oculare non solo del processo, ma anche dell’omicidio stesso - farà (forse) luce sulla vicenda, rivelando come siano andate le cose, lasciandoci, tuttavia, ancora nel dubbio sulla sua credibilità, visto il necessario raffronto fra tutte le versioni riportate.

C’è una certezza in questo film: Kurosawa colpisce duramente l’istinto umano, la sua tensione all’oscurantismo, all’atroce egoismo che lo porta a ricorrere alla menzogna perdendo sempre e comunque la propria credibilità. Inoltre, questo regista si sbizzarrisce nel presentarci innumerevoli prototipi sociali, forse tutti caratterizzati dalla stessa ipocrita attitudine a mentire, ma almeno in differente misura a seconda della bocca da cui vengono descritti, eccezion fatta per la donna. Ed infatti la sua opera è contaminata da uno scialbo maschilismo, nel tratteggiare la femmina come l’anello (debole) di congiunzione nei rapporti umani (incrinati già in partenza): secondo tutte le versioni della vicenda, infatti, la moglie del Samurai non si rivela forte e capace di resistere alla tentazione del bandito. Addirittura nella versione che lei stessa riporta, si sarebbe macchiata anche del delitto stesso. E nella versione riportata dal boscaiolo, nasconde dietro una maschera di tenera debolezza un perfido opportunismo capace di plagiare gli uomini che astutamente tiene in scacco.
Questo è probabilmente l’aspetto più negativo del film di Kurosawa, che senza questa macchia conquisterebbe maggiormente lo spettatore, pur nella grave lentezza e nella monotonia delle inquadrature, con quel soave lirismo pessimistico pari a pochi altri autori.

Questa lancinante poeticità, che nel procedere narrativo si è rivelata gradevole e disturbante allo stesso tempo, capace com’è di atterrire con la forza del dubbio e di suscitare sfiducia e languida tristezza, è resa vera e propria esplorazione della forma estetica (ma simbolicamente anche morale) da una messa in scena paurosamente attenta e significativa: Kurosawa gioca con una fotografia (in bianco e nero) che ora illumina il campo con luce abbagliante confondendo i contorni ed ostacolando la focalizzazione visiva, ora attenua la luminosità ed abbassa i toni, restituendo un po’ di tregua allo spettatore.
Ma questa tecnica dei chiaroscuri è unicamente rafforzativa del vero aspetto saliente di tutta l’opera: la rappresentazione scenica teatrale che trova espressione nella mancanza di profondità E’ l’orizzontalità dell’immagine il suo punto forte.
Fin dalle prime inquadrature, ci si può accorgere di come, nella scenografia volutamente ridotta ai minimi termini, i personaggi siano geometricamente disposti dal regista, su di una linea visiva orizzontale, e quel minimo di profondità richiesta dall’inquadratura tridimensionale è data dal posizionamento di un interprete alle spalle degli altri(proprio come sul palcoscenico di un teatro). La macchina da presa si muove quasi sempre da destra a sinistra e viceversa (sono preferite le inquadrature dal basso) e perfino gli stacchi fra una sequenza e l’altra sono, per buona parte dell’opera, dati dallo scorrimento orizzontale.
Questa particolare tecnica è facilmente ravvisabile nelle sequenze del processo, in cui il set è rappresentato da un lungo muro bianco, che sta alle spalle dei personaggi, inquadrati sempre frontalmente.
Tuttavia non sono infrequenti, durante il film, alcuni squarci stilistici che ci inducono a pensare che questa orizzontalità dell’immagine voglia simbolicamente rappresentare l’appiattimento dell’uomo nei confronti della propria ipocrisia. Kurosawa, infatti, fuggirà a questo appiattimento, e disseminerà il suo film di veri e propri attimi di incontrollato movimento, “danze” tribali tanto degli interpreti quanto dell’obiettivo delle camere, volti a risvegliare la speranza dello spettatore di arrivare finalmente ad un punto di svolta, di giungere alla verità. La monotona continuità visiva data da questo scorrere orizzontale delle immagini (tanto nel montaggio quanto nella messa in scena) è quindi a tratti spezzata: nelle sequenze girate nel bosco (ambientazione resa più metafisica che reale, grazie a quello speciale uso della fotografia che ne sbiadisce i contorni), Kurosawa trova lo spazio per alcune incursioni della camera alla ricerca della profondità, che stravolge l’immagine a cui ci aveva abituato; lo fa nelle scene di lotta, per esempio, così come in quella in cui il medium incaricato di evocare l’anima del samurai defunto espone la versione dei fatti dello spirito. E lo fa mettendo in scena dei veri e propri balletti tribali. La lotta è una danza, la rievocazione del fantasma è una danza. Tutto si muove, giravolte dell’obiettivo ed inquadrature frontali di sentieri nel bosco si intersecano perpendicolarmente con quelle immagini lineari ed orizzontali di cui gran parte del film è costituito.
Ma nell’affannosa ricerca della verità (S P O I L E R !) ci troviamo improvvisamente alla fine del film, con una serie di storie da gestire e raffrontare, senza sapere quale di esse sia quella vera. Ma Kurosawa aveva questo in mente, fin dall’inizio: metterci di fronte alla natura subdola dell’uomo e lasciarci nel dubbio, regalandoci tuttavia, per alleggerire quella cupa atmosfera negativa che ha costruito per tutta la pellicola, un’immagine speranzosa (seppur comunque ambigua) che ancora una volta evade dall’orizzontalità per addentrarsi nella profondità: il boscaiolo, dopo aver raccontato al servitore tutta la vicenda, si trova da solo con il bonzo (il quale fino a quel momento non faceva altro che non credere alle parole del suo interlocutore, mostrando un illuso pensiero ottimista e sopravvalutando il genere umano) ed un neonato abbandonato da chissachì in una cesta. A quel punto raccoglie il bambino ma, fermato dal bonzo il quale inizialmente vuole impedirgli di portarsi via il bambino (temendo, indotto dagli orribili racconti e testimonianze sull’indole umana, che volesse lucrare su quella povera creatura), spiega a quest’ultimo che le sue intenzioni sono nobili, dato che vuole crescerlo personalmente, nonostante abbia già sei figli.
Il bonzo crede alle sue parole, così gli affida il neonato. E l’ultima immagine che Kurosawa ci regala è quella del boscaiolo che esce dalla porta del tempio (questa volta inquadrato frontalmente), dirigendosi verso la luce. Lo vediamo di spalle, mentre si allontana, scomparire nella profonità del campo visivo. Forse Kurosawa ci vuole mostrare un orizzonte positivo, di speranza.
Ma potremo mai fidarci?

_________________
- Ma almeno ha un lieto fine?

- Di quelli che solo la celluloide sa dare...

[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 27-08-2007 alle 19:01 ]

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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
Messaggi: 1135
Da: roma (RM)
Inviato: 28-08-2007 10:00  
sceneggiature perfette
aspetto visivo entusiasmante
regia di pura inventiva
senso del racconto
umanità toccante
complessità di contenuti
grande direzione degli attori
cinema classico e sperimentale che si fondono insieme

personalmente sono convinto che di registi appaganti sotto tutti gli aspetti come Kurosawa ne nascano uno ogni venti anni

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Indhja

Reg.: 25 Ago 2005
Messaggi: 545
Da: Firenze (FI)
Inviato: 26-01-2008 18:56  
Stanotte finalmente l'ho visto.
L'ho apprezzato molto, teatrale e impeccabile. Regia molto precisa ed effettivamente i western ci hanno pappato un bel pò...ci sono vari richiami che sono stati ripresi: uno molto evidente secondo me è il tipico sfottò verso lo pseudo-samurai Kikuchiyo, che si riscontra spessissimo nei western. Tanto per dirne una.
Tre ore che scorrono bene e lo spettatore attende insieme al villaggio e ai samurai l'arrivo dei briganti. Molto innovativo e molto interessante anche per capire qualcosa in più sulla figura del samurai dell'epoca e della vita contadina giapponese (questo paese mi affascina molto). Ci sono parecchi passaggi esilaranti, come per esempio quello del cavallo per un momento domato da Kikuchiyo...stupendo. Il personaggio di Kikuchiyo è molto profondo: il suo dolore gradualmente emerge e la sua rabbia esplode verso contadini e samurai, verso i briganti. La sua infanzia straziata dalla miseria, una miseria che porta l'individuo all'egoismo fino alla bestialità, e la dignità è calpestata dalla fame e dalla sottomissione. Egli ama il movimento, la ribellione e contrasta la passività, è un fiume in piena, è argento vivo che si scuote e si dimena per tutto il film. Piange e ride e noi non possiamo non farlo con lui. Mifune è veramente bravo, come pure Shimura ma anche gli altri attori sono validi.
Le tematiche sono infinite e ben calcolate nel loro intreccio: miseria e dignità, sottomissione e dolore, onore e forza, forza e brutalità, uno specchio perfetto delle debolezze dell'uomo e di come la carnalità può far cedere una donna e un uomo, come la fame convinca gli animi, e come la morte possa diventare inconcepibile (il ricordo della famiglia di Kikuchiyo) o come diventi comprensibile (i samurai che muiono combattendo per il villaggio). Immenso...un mare magnum.

*Piccola curiosità: non avete notato anche voi in Shimura una certa somiglianza con Morgan Freeman??? Per me sono due gocce d'acqua!!!Che impressione!

_________________
"L'angoscia per il tempo che passa fa parlare del tempo che fa..."
Le fabuleux destin d'Amélie Poulain

"Grazie a Dio, sono ateo" Voltaire

[ Questo messaggio è stato modificato da: Indhja il 26-01-2008 alle 19:06 ]

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dario82

Reg.: 03 Giu 2006
Messaggi: 87
Da: san vito dei normanni (BR)
Inviato: 26-01-2008 22:04  
fra quelli che ho visto, il mio preferito è Ran. è da molti anni che non lo vedo, ma quando lo vidi mi diede un'impressione di completezza e universalità. Temi importanti affrontati con rigore tecnico e perfezione formale. Un film che ha l'impronta del capolavoro.

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Moreschi


Reg.: 14 Gen 2006
Messaggi: 2038
Da: Milano (MI)
Inviato: 03-08-2010 16:17  
Grandioso.
88 minuti di grandissimo cinema che passano attraverso desolazioni, ambiguità, speranze.
Ritmo serrato, inquadrature impareggiabili, due formidabili scene di duelli, un incipit che si sofferma su un diluvio che sembra annunciare la fine del mondo. Attori straordinari con un Toshiro Mifune in una delle più appassionanti interpretazioni che ricordi.
Superiore a qualsiasi genere, attinge dal dramma, dal giallo, persino dal thriller.
Costruito sul modello delle matrioske, racconti nei racconti, è come un incubo allucinato in cui diverse immagini e personali interpretazioni si sovrappongono, mescolandosi, ed in cui è impossible giungere a chiarezza.
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_________________
“Tutti i miei film possono essere pensati in bianco e nero, eccetto Sussurri e grida ... ho sempre immaginato il rosso come l'interno dell'anima” (I. Bergman).

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 03-08-2010 16:38  
ma insomma boh. Kurosawa mi ha convinto solo con I 7 samurai.
_________________
Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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Moreschi


Reg.: 14 Gen 2006
Messaggi: 2038
Da: Milano (MI)
Inviato: 07-08-2010 03:57  
I SETTE SAMURAI
Nel film asiatico più noto nella storia del cinema sembra esserci tutto il possibile dell' esistenza ed il suo contrario. Avventura,quiete, violenza, ironia (molta), divertimento, povertà, coraggio, paura, onore, codardia, vita, morte, spirito di gruppo, individualismo, prevenzione, scelleratezza.
I siparietti ironici sono assai gradevoli (ironia semplice ma quasi sempre efficace) ma spesso anche troppi;
Un solo personaggio rischia di stonare talvolta, perchè esagerato, nella prima parte: Kikuchiyo, che Mifune esalta anche troppo in una interpretazione esasperatamente sopra le righe. Nella seconda parte l' atteggiamento è meglio adattato.
Grande Takashi Shimura.
Kurosawa ha fatto anche un film importante nel mostrare l' idiozia, la pochezza, la pura stupidità, l' ignoranza, l' inesperienza della massa (qui sono i contadini, ma il riferimento al popolo-massa è palese), grandi lavoratori sì, ma anche pedine volte a servire a seconda di come giri il vento, uomini superstiziosi senza intellento che agiscono come pecore, mai autonomi perchè incapaci di organizzarsi,costamente pavidi di tutto e tutti, ma allo stesso tempo devoti al sacrificio, forse anche generosi, ingenui.
Nell' arco delle tre ore,i momenti di grande cinema sono talmente tanti che costituiscono una coralità d' eccezione impareggiabile.
La scena dell' attacco finale è di una grandezza incommensurabile. Cinematograficamente ricordo di aver visto qualcosa di più 'alto' solo in ANDREJ RUBLEV (Tarkovsky).
Colonna sonora epica ma non tronfia. Come il film.
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“Tutti i miei film possono essere pensati in bianco e nero, eccetto Sussurri e grida ... ho sempre immaginato il rosso come l'interno dell'anima” (I. Bergman).

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